Softair, quando la guerra è solo un gioco

Softair: un gioco per tutti

Di giorno indossano il camice o la tuta da meccanico, lavorano dietro ad un bancone di frutta e verdura, costruiscono case o scrivono con il gesso sulla lavagna perché insegnano a scuola. Sono professionisti, dottori, docenti, operai, studenti o commessi con la passione per il softair, lo sport che simula la guerra in un contesto di gioco.

Si infilano la mimetica e l’elmetto, inforcano gli occhiali protettivi e indossano le protezioni per ginocchia e gomiti. E poi stanno nascosti dietro ad un cespuglio in attesa di agire, imbracciando armi del tutto innocue perché caricate a pallini del diametro di 6 millimetri, sparati con la potenza di un solo joule.

Sparpagliate su un’area più o meno estesa, le squadre composte sia da uomini che da donne conquistano o difendono obiettivi in un contesto che è tutto fuorché violento.

Softair: si pratica a partire dai 13 anni

Questo sport d’azione, nato in Giappone negli anni Ottanta, può essere praticato già a 13 anni perché rafforza lo spirito di squadra, la correttezza ed il rispetto per la natura. Non essendo colpito da vernice, il giocatore “abbattuto” sventola un fazzoletto rosso e ammette di essere stato centrato in tutta onestà, uscendo dalla battaglia solo per qualche minuto.

Softair

Softair: si sparano pallini in materiale biodegradabile

Le munizioni non sono altro che pallini di plastica-ceramica o realizzati in materiale biodegradabile, in grado di sparire in poco tempo senza andare ad intaccare la bellezza della natura. Queste sfide, in cui è assolutamente vietato qualunque contatto fisico con l’avversario, possono tenersi anche in notturna e coinvolgere oltre 600 giocatori.

Ci sono amichevoli, allenamenti e tornei che possono durare qualche ora soltanto, ventiquattrore o persino tre giorni (Military simulation). Ci si muove con fare circospetto nei boschi, teatro di finte e appassionate battaglie, a suon di imboscate e colpi di finti mitra (air soft gun).

Si corre, si cammina, ci si abbassa, si individua il nemico e lo si colpisce. Ma è solo finzione, nessuna violenza, nell’utopico e auspicabile desiderio di trasformare la guerra solo in un gioco.

Gli aspiranti Rambo non sono ammessi: il softair lascia spazio solo a gente con la voglia di divertirsi.

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